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là un lumicino ammiccava nel tenebrore, e ad ogni fermata si udiva l’acqua del vallone che scorreva lenta, sotto i macchioni, e il gracidare lontano delle rane nella pianura. Ad intervalli arrivava l’uggiolare di un cane, perduto nello spazio, in quello sterminato silenzio che faceva rabbrividire leggermente l’Elena quasi pel primo freddo dell’autunno inoltrato. Tutto a un tratto si udì lo scalpitìo di un cavallo.
— Questo è il Barone! disse uno dei campieri.
Un cane si mise ad abbaiare sospettoso e feroce in fondo alla viottola. Poco dopo comparve infatti don Peppino, nell’ombra, sull’alto cavallo pugliese come un fantasma nero, seguito da due campieri di cui luccicavano le borchie d’ottone, e le carabine ad armacollo.
Qualcuno diede la voce, e il Barone fermò il cavallo per salutare le signore.
— Siamo stati alla villa, — gli dissero. — Questa qui è la signora forestiera.