Elena lo guardò un po’ per compiacenza, e rispose qualche parola insignificante. Peppino era uno come tutti gli altri, coi capelli ricciuti per giunta, e pettinati apposta per andare a farsi il ritratto, insaccato in un vestito che voleva esser di città, con certi solini e certa cravatta che Elena aveva visti solamente ad Altavilla. Poi si rimise a considerare silenziosamente la baronessa che discorreva con gli uomini di maggese, di rimonda d’olive, di prezzi di derrate, e interrogava le donne sui lavori che avevano per mano, con la benevolenza di una parente. Era una donnetta piccola e magra, cogli occhiali sul naso, vestita sempre di scuro dacchè le era morto il marito, con un grembiale di seta verde, ed un scialletto nero incrocicchiato sul petto; infine aveva sul mento un po’ di barba, e un modo di camminare dondolandosi, così piccola com’era, quasi fosse stata sempre a cavallo, per giustificare quel che dicevano di lei che portasse i calzoni — per forza! diceva a chi le raccomandava di riposarsi oramai alla sua