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zavano stormi interi di tacchini e di polli. In fondo si vedeva il caseggiato massiccio, grande quanto un villaggio, su cui aleggiava un nugolo di piccioni. Tutt’intorno all’aia che si stendeva dinanzi al portone spalancato erano delle carrette colle stanghe in aria, degli aratri staccati, una doppia fila di cestoni giganteschi di vimini, che aspettavano i buoi, riboccanti di fieno, fissati al suolo con dei cavicchi di legno e la fune pendente da un lato. A diritta ed a manca si stendevano delle tettoie immense, delle montagne di fieno grandi come case; sulla porta stavano una dozzina di contadini, delle donne accoccolate, dei campieri massicci, colla tracolla sull’uniforme sbottonato e gli sproni agli stivali, a godersi la domenica, senza far nulla, colle mani in mano, e un branco di cani ronzanti e abbaianti intorno.
Il fattore si alzò per ricevere gli ospiti, e andò ad acquietare i cani a grida e a sassate. La piccola comitiva entrò in una corte vasta quanto una piazza, coperta di erba secca come