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rade in azione, prendendosi in giro per le mani a significare O, e camuffati colle coperte del letto, e cogli scialli avvolti in turbante quando il tutto era Serraglio. Elena, elegante, piena di brio, aveva messo in rivoluzione il vicinato. Le signore, tappate in casa, lavoravano d’ago e di forbice tutto il giorno per copiare le sue vesti attillate, i suoi guanti lunghi, i suoi cappellini arditi, si cucivano delle sottane, si mettevano in testa tutti i fiori del giardino. Ella era tanto felice che non si accorgeva dei momenti di preoccupazione, delle ansietà crudeli che passavano di tanto in tanto sul volto del marito, allorchè andava a ricantucciarsi nello studiolo per scrivere al notaio, delle lunghe confabulazioni col messo che portava la risposta. Tutt’al più gli domandava:
— Di che scrivi?
— D’affari, rispondeva lui.
— Ah! E si stringeva nelle spalle con un atto d’ingenuo egoismo, quasi il suo solo e grande affare fosse di godersi quella vita facile e allegra, senza badare alle pene segrete