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Giorgio quest’altra volta era accanto a me, in teatro, e guardava con occhi spalancati quella donna circondata dagli stessi splendori, e irradiante le medesime ebbrezze, e quasi volesse rispondermi colla sua ammirazione indignata dal mio sarcasmo, esclamava, come fra di sè:

— Perdio!... com’è bella! perdio!...

— Oh! sì! sì! gli risposi, ed è qualcosa che irrita, che fa dispetto, questa bellezza alla cui presenza il cuore si contorce come di spasimo, e la ragione diventa vigliacca, — cotesta profanazione del bello che, sorridente e non curante, calpesta colle scarpine di raso tutto quello che abbiamo creduto puro e santo — la donna, l’amore, l’ideale. — Vedi, essa mi ha messo la febbre nel sangue, ed io mi sento come schiaffeggiato.

— Mio caro, esclamò Giorgio uscendo fuori dei gangheri, qualche volta io credo