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ancora nel ritratto, e che non si ricordava più di averlo amato.
— Quando sarai al punto in cui sono, mi disse Enrico, o quando sarai vecchio, il che è peggio! maledirai la tua saviezza che ti ha fatto insensibile alla luce, ai profumi, alle dolcezze della giovinezza!... — e c’era tanto calore nel paradosso di quel moribondo, che lo rendeva, direi, solenne.
— Oh, povero amico mio! gli dissi. Interroga la tua coscienza, interrogala senza rimpianti e senza collera, e non dirai più così.
— Che m’importa! saltò su a dire Enrico con tal vivezza come se un serpe l’avesse morsicato. Che m’importa della mia coscienza, e di tutti quei fantasmi che voi altri avete creato a furia di paroloni! Che m’importa del vero e del falso!... ho tempo