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caldo di febbre; tutta la sua epidermide era riarsa, e l’anelito frequente ed affannoso gli si sprigionava dal petto come un sibilo.

Sedetti di faccia a lui; egli non volle abbandonare le mie mani, e cercava di sorridermi, quantunque dovesse molto soffrire, a giudicarne dalla contrazione dei suoi lineamenti, che di tratto in tratto non poteva dissimulare.

— Grazie! mi disse tutto commosso. Tu almeno non mi hai dimenticato.

Tacque subito, sopraffatto da un violento scoppio di tosse, che, ahimè! non ebbe neanche la forza di prorompere, ma si contentò di lacerare quel povero petto, facendolo sobbalzare convulsivamente; poscia si abbandonò sui cuscini cogli occhi chiusi, sfinito. Quali occhi! le palpebre nerastre si affondavano nell’occhiaia incavata,