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ella, rideva, rideva allegramente, e ridendo imporporava il basso delle sue guancie, quel po’ che se ne poteva vedere. Una delle volte mi trovavo fra un crocchio d’amici, e si fece largo davanti a quella regina che passava, e l’arlecchino la seguiva sempre, come un cane allampanato colla coda attaccata al ventre e l’occhio bramoso intento al tozzo di pane che indovina nella tasca del padrone, e ripetè il suo ritornello col tono afflitto di un cane che ustoli. Allora la bella mascherata, che non ne poteva più, si strinse nelle spalle con molta grazia, e gli gettò in faccia questa parola voltandosi dall’altra parte:

— Noioso!

Noi ridevamo come matti. L’arlecchino si era fermato, ritto, immobile, con certi occhi che gettavano fiamme da sotto la maschera, e senza badare a quelle risa, e