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messi, dove i numi dell’olimpo fiorentino si pigiavano come ad una mostra per scambiare un sorriso od una stretta di mano, in faccia ad un pubblico di gelosi, colla dea del santuario. Io le sedeva accanto, e la dea mi largiva parole e sorrisi. Tutt’a un tratto la vidi aggrottare il sopracciglio, da vera dea, prendere l’occhialetto e dirigerlo bruscamente su di un palchetto di faccia, — era uno di quei gesti espressivi che usano le gran dame quando non vogliono scendere alla parola; — ma siccome non mi curavo di seguire il capriccio di lei, così mi contentai di guardare quel bel braccio nudo, tanto bello ch’era pudico, e si nascondeva nel guanto sino a metà. Però l’osservazione di lei era così insistente, che senza volerlo seguii la direzione di quell’occhialetto, e ne vidi un altro che gli rispondeva come una pistola da duellante. La dea