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di vivande. Vedevo tutto ciò con una dolorosa lucidità di pensiero, e fermavo il mio pensiero in mezzo a tante domestiche felicità, che vedevo o che indovinavo, con una penosa voluttà, e domandavo a me stesso, con immenso sconforto, se fosse possibile che tutta quella gente felice potesse credere che a venti passi c’era un uomo che moriva di fame.



La sera le mie sofferenze si fecero insopportabili. Uscii come un pazzo. Mi trascinai dinanzi a tutti i caffè a tutti i teatri nascondendomi fra i monelli, cercando il buio, esitando lungamente. Poi, tutt’a un tratto mi trovai abbietto, rassegnato, contento di esserlo. Vidi uscire una coppia di