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giadri. C’erano negli specchi come il riflesso di chiome bionde, come il lampo di occhi lucenti e di sorrisi giovanili; vi si riverberavano ombre leggiere, colori delicati; il moto dell’orologio era silenzioso; il tappeto era spesso, bianco, e carezzava i piedi.
Nell’altra stanza si udivano delle voci di uomini e di tanto in tanto delle risa allegre. Si udì anche per qualche istante il suono del pianoforte, e ad intervalli la voce di Eva, fresca, spensierata, giuliva. Poi si udì un rumore di tazze smosse.
Improvvisamente una luce più viva invase la camera, ed entrò Eva.
Ella corse verso di me: mi afferrò improvvisamente il capo, senza dire una sola parola, e mi diede un bacio.
— Ecco il tuo thè! mi disse.