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Riscossi il vaglia e lacerai la lettera.
Ero malato, non è vero? Avevo un’orribile malattia di cervello o di cuore! Ero pazzo! Non ero io!
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Alcune volte, quando aspettavo Eva delle ore intere nella sua camera, mentre ella riceveva i suoi numerosi amici, mentre la sentivo ridere e folleggiare nel suo salotto, provavo delle collere sorde ma selvaggie contro di lei. Allora tutte le amarezze che quell’amore mi costava mi sfilavano dinanzi agli occhi. Ero geloso, e mi vedevo ridicolo, nascosto dietro il suo uscio, a divorare in silenzio la mia gelosia. — Alcune volte sembravami che tutta quella gran gelosia non si riducesse ad altro che ad una febbrile impazienza di stringermi Eva fra le braccia. Poi ella compariva, sorridente, inebbriante — la luce si faceva e mi abbagliava.