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Saltò dalle mie ginocchia come un uccello, corse all’uscio, e girò la chiave.
— Buona notte, signori! disse, e volgendosi verso di me, con uno scroscio di riso infantile: — Se ci vedessero!
Si udì uno scoppio di voci e di recriminazioni al di là dell’uscio.
— Ho sonno! ripetè Eva. Buona notte!
— Che imbecilli! soggiunse quindi, si credono in diritto di annojarmi anche quando sono felice!
Stette ad ascoltare, e ripigliò dopo alcuni istanti:
— Se ne vanno; finalmente! Verrai domani, non è vero?
— Sì.
— Alla stessa ora. Mi aspetterai in teatro?
— Sì.
— Anzi fai così: m’aspetterai in fiacre, in piazza Santa Maria Nuova. Verrò a trovarti io stessa. Prendi il fiacre numero nove; mi piace il numero nove; è la data del giorno in cui mi hai conosciuta. Ora che farai?
— Come vuoi ch’io te lo dica se non lo so... se non ho più testa, se ho la febbre!...