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— È la vostra camera? mi domandò.

— Sì.

— Come siete felici voi altri artisti! Quanti bei sogni dovete aver fatto fra queste pareti!

Oh! il bel sogno che era la sua leggiadra figurina, col sorriso dolce, gli occhi umidi, le bianche mani incrociate sulle ginocchia, e la veste bruna che si spiegava mollemente sulla persona come carezzandola, là, in quel povero angolo della mia cameruccia, illuminata dalla fiamma del mio camino!

Ella aveva capricci improvvisi, bizzarri, dietro ai quali si smarriva volentieri il proprio buon senso, come dietro al sorriso di un bambino. — Fatemi vedere! disse — e si mise a rovistare in tutti gli angoli, in tutti i miei disegni, in tutti i miei cartoni, ponendo tutto sossopra, scappando in mille ingenue esclamazioni, facendomi mille domande prive di senso ma piene di grazia. — Oh! bello! esclamava. Oh! bello! — seguitando a metter tutto a soqquadro, e battendo le mani dinanzi alle mie tele.

— Come fate a creare tutte coteste belle cose?