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guardarmi dietro i vetri, e quelle finestre illuminate, dinanzi alle quali passavano tutt’altre ombre che la sua, mi abbacinavano gli occhi. Sì, ero geloso di quegli uomini che l’aspettavano in casa sua, alle due del mattino, e li vedevo belli, orgogliosi e sorridenti, rubarmi le sue parole, la sua vista, e la felicità. Vidi come un baleno dell’avvenire: mi trovai povero, solo, meschino, ridicolo, abbandonato su quella soglia, tremante di freddo e divorato dall’invidia! che cos’ero io per disputare quella donna a quegli uomini felici? Provai dispetto, vergogna, gelosia rabbiosa; sentii che la vertigine di quella sera mi strappava violentemente da tutte le mie affezioni, e mi gettava nell’ignoto. Ebbi paura, e l’orgoglio mi diede la forza di giurare che mai più avrei riveduto quella donna, la quale sarebbesi vergognata di confessare il suo amore per me.
Non dirò che il mio giuramento non mi costasse, e molto; ma ebbi la forza di mantenerlo — per invidia, per dispetto, per orgoglio, per gelosia... non lo so...