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all’indietro e chiuse gli occhi; sembrava che dormisse.

La notte era tiepida e rischiarata da un bel lume di luna. Sentivo accanto a me quel respiro lievissimo come quello di una bambina; di quando in quando, a seconda delle svolte che faceva il legno, un raggio di luna passava dallo sportello e gettava dei capricciosi chiaroscuri su quel viso così bianco da sembrare diafano, su cui svolazzavano, pel vento che veniva dal di fuori, alcuni ricci biondi così fini e leggieri che sembravano delle vaporose piccole ombre cenerine. Credevo di sognare. Ero proprio io! dentro quel legnetto! sotto quel mucchio di velluto e di seta c’era proprio lei!

— Perdonatemi; mi disse ella, dopo alcuni minuti di silenzio, senza nemmeno aprire gli occhi, sono molto stanca! E tutte le sere di solito mi riposo così un pochino.

E siccome volevo rialzare il cristallo che avea lasciato aperto, mi disse:

— Lasciatelo così. La sera è bella!

— Ma vi farà male.

— No, anzi!