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che dovrei scrivere; il tuo articolo è proprio bello; me ne farò onore.

E lo portò via diffatti, e la sera dopo trovai in camera il giornale ed una letterina del mio amico.

«Non te l’avevo detto? — mi scriveva, — il tuo articolo ha fatto furore; l’Eva desidera conoscerti. Stasera trovati in teatro, ti presenterò.»

Provai come una fitta al cuore. Presentarmi a lei!... io!... così fatto!... a quella bellezza circondata da tante seduzioni, da tanti splendori, che non avea nulla di terreno!... proprio io!... E in me successe una lotta di mille pensieri diversi, e l’intima soddisfazione ch’ella avesse letto il mio articolo, avesse scorto una parte del mio cuore, e ne fosse lieta, e la ripugnanza di svelare al pubblico e a lei stessa il segreto delle mie impressioni, e il timore che esse fossero giudicate ridicole... Se ella mi trovasse ridicolo?...

Non ebbi neanche un istante il coraggio di pensare ad accettar quell’invito. Eppure ero felice, tutto solo nella mia cameretta, fantasticando cogli occhi fissi sulla fiamma del caminetto.