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a tutto questo un amaro rammarico di trovarmi in quel meschino posto in platea, e senza guanti. Poi tutta quella visione scomparve in un lampo di luce e in un’onda di musica. Tutto tornò buio. Rimasi ancora come sognando, con quei suoni negli occhi, e quelle larve davanti agli occhi. Mi alzai quando gli altri si alzavano; uscii barcollando, urtando nel vestibolo tante belle signore e calpestando tante code, rischiando venti volte di gettarmi sotto i piedi dei cavalli in istrada. Quella notte non potei dormire; mi sentivo come se avessi tutti i nervi agitati; avevo bisogno di sfogarmi in qualche modo delle mie pressioni, e giacchè mi parve che il pennello non avrebbe potuto esprimerle tutte, mi misi a scrivere un vero delirio, un sogno da febbricitante, però senza pretese, e senza altro scopo che quello di accendere il fuoco quando avrei avuto freddo.
Ahimè! la stagione era mite; il caldo del cuore durava ancora troppo per lasciar sentire il freddo alle membra — ecco perchè quello scritto, che non raggiunse il suo scopo di comunicare la fiamma alle fascine del caminetto, arse il mio cuore e consunse la mia vita.