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vanità, la chiamai amore dell’arte, e presi sul serio i miei capelli lunghi a tutte le altre belle cose. Ero felice di passeggiare le vie di Firenze, come se andassi a braccetto con Raffaello o con Michelangelo. Mi pareva di respirare l’arte a pieni polmoni, e avevo in cuori tutti gli entusiasmi, le antipatie, gli affetti della mia illusione. Vivevo come in una atmosfera del Cinquecento, che mi rendeva idolatra dei palazzi anneriti dal tempo, delle gronde sporgenti e malinconiche, e delle acque torbide dell’Arno.... Tu fede mia! aggiunse con un ghigno amarissimo, non aveva ancora pensato all’ospedale e al camposanto....

Tacque e si passò a più riprese la mano sulla fronte, come per discacciarne molesti pensieri o la commozione che lo vinceva.

— Follie.... sì! mormorò dopo qualche istante, quasi parlasse fra di sè.

— Sei certo di non sbagliarti giudicando così dei sentimenti umani?

— Oh, no.... nessuno potrebbe avere cotesta sicurezza.... poichè non ci sono sentimenti veri.

— Eh?!