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La parola gli usciva rotta, a sibili, a rantoli; era uno spettacolo straziante.
— I pazzi son più felici di voi! — e ripetè due o tre volte questa frase. — Se vivete di menzogne, se non avete di certo che le illusioni, perchè le maledite quando sono belle?... Voi altri savi... che vi affannate dietro ad illusioni che non raggiungerete giammai... o che sconfesserete quando le avrete raggiunte, chiamate pazzo colui che si vive beato nelle sue illusioni!... Il pazzo come vi chiamerà, voi altri savj?
— E l’arte? gli dissi.
Egli scrollò il capo: - Menzogna! esclamò — Menzogna!... o illusione!
Dopo coteste parole stette a lungo in silenzio, cogli occhi chiusi, come se la vita l’avesse abbandonato intieramente. Era un lugubre silenzio. Poscia fissandomi in volto uno sguardo relativamente calmo, ed ove c’era una tinta di sorpresa: — È strano! mormorò; mi pareva che avessi bisogno di parlare di lei... e che tu mi dicessi che ella ti ha parlato di me... Ora non lo desidero più... Ho pensato ad Eva... e alla mia giovinezza...