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Corsi a lui con una commozione che non sapevo padroneggiare. Com’egli mi vide mi sorrise di quel riso così dolce degli infermi, e fece un movimento per levarsi.

Si vedeva diggià il cadavere; il naso affilato, le labbra sottili e pallide, l’occhio incavernato.

Lo tenni stretto fra le mie braccia, ed egli mi baciò più volte; quel bacio era caldo di febbre; tutta la sua epidermide era riarsa, e l’anelito frequente ed affannoso gli si sprigionava dal petto come un sibilo.

Sedetti di faccia a lui; egli non volle abbandonare le mie mani, e cercava di sorridermi, quantunque dovesse molto soffrire, a giudicarne dalla contrazione dei suoi lineamenti, che di tratto in tratto non poteva dissimulare.

— Grazie! mi disse tutto commosso. Tu almeno non mi hai dimenticato!

Tacque subito, sopraffatto da un violento scoppio di tosse, che, ahimè! non ebbe neanche la forza di prorompere, ma si contentò di lacerare quel povero petto, facendolo sobbalzare convulsivamente; poscia si abbandonò sui cuscini cogli