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Il conte l’assaliva colla furia di chi capisce d’avere a fare con un terribile avversario, e sente di dover uccidere per non essere ucciso. Tutt’a un tratto si vide una striscia di luce strisciare e serpeggiare come una biscia sulla spada del conte, Enrico andare a fondo tutto d’un pezzo, e saltare indietro levando in alto la spada.
Il conte portò vivamente la sinistra sul petto, stralunò gli occhi, abbandonò la guardia, e si appoggiò un istante alla spada che si piegò sotto il suo peso; poscia barcollò e cadde su di un ginocchio.
Tutti si precipitarono su di lui. Enrico si fece ancora più pallido, e lo guardò cogli occhi di un mentecatto.
Il dottore dal cappello bianco s’inginocchiò presso del conte, mentre uno dei suoi secondi gli teneva il capo sui ginocchi, e gli aprì la camicia.
La ferita non doveva essere grave; era appena visibile, fra la terza e la quarta costola, e mandava pochissimo sangue. Sembrava davvero una cosa da nulla. Il dottore non ci gettò che una