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dietro ad uno scudo che coprisse tutta la sua persona.

Dopo alcuni istanti il conte ruppe di un passo, e si mise in guardia come per vedere con chi avesse da fare. Due o tre minuti rimasero immobili, con il ferro sul ferro, gli occhi negli occhi, l’odio che si scontrava con l’odio.

Enrico ritirò la sua spada facendola strisciare lento lento su quella del suo avversario con un movimento felino. Parve che un fremito si fosse comunicato dal suo ferro a tutto il suo corpo, ed assaltò bruscamente. Ad un tratto si piegò come un arco colla rapidità del lampo, ed io che gli stavo alle spalle vidi luccicare la punta della spada nemica dall’altra parte del suo petto.

— Alto! gridarono i secondi, mettendo la spada fra i duellanti.

— Non è nulla! disse Enrico scoprendosi il petto. È una scalfittura.

Il ferro però avea fatto quel che avea potuto, e avea portato via quello che avea incontrato; una striscia di carne lacerata solcava il petto di Enrico, e la camicia, ch’era stata meno lesta di lui, era stata bucata netto.