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occhi luccicavano come quelli di un pazzo: era la sola manifestazione di quello che dovea chiudersi in petto. Passando attraverso la ridda frenetica dei ballerini e delle maschere sorrideva in modo strano, e un momento si fermò a guardare come uno sfaccendato che si balocca colla sua spensieratezza. — Quella musica, quell’allegria scapigliata e quell’uomo che guardava sorridendo, mi stringevano il cuore. Allorchè fummo in carrozza, m’accorsi che Enrico tremava come chi è colto dal ribrezzo della febbre. Volli dargli il mio paletò; lo rifiutò.

— Non occorre; mi disse, fa caldo.

— Hai la febbre!

— Lo so. Son parecchi mesi che l’ho tutte le sere... Passerà.

E sorrideva.

Era ancora buio. Nella notte era caduta molta neve che imbiancava le strade ed i tetti, e la carrozza vi correva sopra senza far rumore, come se facessimo un viaggio fantastico. Lasciammo il legno al piazzale delle Cascine, e ci mettemmo a piedi per un lungo viale. L’aria era frizzante; i