Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 169 — |
cuore, poichè non ne ha; ma posso dirti quelli della sua vita.
Eva fece un movimento per alzarsi, come se avesse perduta la testa, e agitò due o tre volte le labbra pallide senza poter parlare. Attorno a quel gruppo si era formato un cerchio di curiosi, di cui il centro era occupato da quei due uomini che si sorridevano. Ci fu un istante di silenzio. Evidentemente il conte avrebbe fatto a meno di quella lotta di frizzi, ma come trarsi indietro? Enrico gli sorrideva sempre, col suo viso cadaverico e gli occhi luccicanti come quelli di un fantasma.
— Ah! davvero? E come li sai? disse il conte con uno sforzo d’audacia, perchè era imbarazzato egli medesimo del suo silenzio.
Enrico appoggiò ambe le mani sul marmo del tavolino, si chinò verso di lui sin quasi a soffiargli in faccia le sue parole, e rispose lentamente:
— Lo so, perchè sono stato l’amante della tua amante.
Nell’occhio del conte passò un lampo, e le sue labbra si contrassero sforzandosi di sorridere ancora. Sembrò ondeggiare un istante sul partito
EVA. | 12 |