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— Chi c’è nel palco numero tre, in seconda fila? domandò la dea con quell’accento inimitabile che hanno le dee quando parlano dei semplici mortali.

L’officioso più lesto e più fortunato rispose:

— Il conte Silvani.

— È un pezzo che non si vede il conte!

— È stato in Germania.

— E ha preso moglie?

— No.

— Ah!

Nel vestibolo incontrai nuovamente Eva di faccia a faccia. Ella mi lanciò a bruciapelo uno di quei tali sguardi, come se mi desse un pugno nel cuore.

La dea avea un altro genere di sguardi, quelli della lente che vi tiene a distanza poichè l’occhio non vi vede, e domandò, con quel muto linguaggio, all’insolente che osava fissare gli occhi su di lei, come non rimanesse abbagliata da tanto splendore. Eva si contentò di sorridere, levando il capo per dire qualche parola al suo compagno, mentre si appoggiava al suo braccio con un raddoppia-