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trarla, di gettarle in faccia il lusso della mia felicità. — Non era più amore, ma era vanità. — Io non so quale dei due sentimenti sia più forte; certo spesso si scambiano l’uno per l’altro.
Non l’avevo più vista: la dicevano bella come una dea, elegante come un mazzo di fiori, e corteggiata come una regina. Molti entusiasmi giovanili si scaldavano parlando di cotesta donna che avevo visto attizzare il fuoco del mio camino; e non rammentavo altro che la sua bellezza, la sua eleganza, e il suo sorriso — ricordi che mi montavano alla testa come vampe di fuoco. — Ero dispettoso che la fosse così, e che sembrasse ancora così agli altri.
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Una sera ero al Pagliano, in uno di quei palchetti dove è favore distinto essere ammesso, dove i numi dell’olimpo fiorentino si pigiavano come ad una mostra per scambiare un sorriso od una