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che pel dispetto di aver trovato fra la cenere del caminetto una busta mezzo arsa, ove l’indirizzo di lei era scritto con quello stesso carattere elegante della lettera che accompagnava il braccialetto del conte Silvani, e per quel biglietto di cinquecento lire che, tutto sdegnato, misi nel portafogli, col fermo proposito di buttarglielo in volto appena l’avessi rinvenuta.
Ahimè! io non la rinvenni! non le buttai nulla in viso! Il vuoto che si era fatto nel mio cuore, a furia di vivere soltanto per essa, mi aveva prostrato intieramente e avea isterilito il mio ingegno. Tutte le orride lingue della miseria del cuore, dell’intelletto e della borsa, lambivano la mia esistenza. L’avvilimento mi snervava, e logoravo la mia vita nell’ozio, sulle panche di un bigliardo o di un Caffè. I debiti, l’inerzia e la miseria mi affogavano; tutta l’attività del mio spirito non avea altra mira che di farmi acconciare alla meglio in quel fango — ed io mangiai tranquillamente il biglietto di cinquecento lire.