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— Enrico! mi disse ella dolcemente come nei nostri più bei giorni d’amore, vedi come sei divenuto! Vedi se m’ingannavo presagendo quel ch’è avvenuto! tu te ne sei pentito pel primo!

L’abbassamento morale, direi, era così pronunciato in me che non pensai nemmeno di protestare per illuderla; e non pensai che quel mio lugubre silenzio dovea pesarle sul cuore come piombo fuso. Poi, quando me ne avvidi, dopo un lungo e mortale indugio, non trovai di meglio per consolarla che sciorinarle un’imprecazione.

— Arte pitocca e bugiarda! esclamai stendendo il pugno verso il cavalletto, che vai tronfia d’orgoglio e non dai pane da sfamare!

Eva mi guardò sorpresa, quasi addolorata. Io le ripetei quel ritornello che riepilogava tutte le mie abbjezioni: — Ed ora come si fa?

Non rispose.

— Se tornassi al teatro? le dissi con tutta naturalezza, compiacendomi, direi, della mia vigliaccheria.

— È impossibile; rispose colla stessa calma rassegnata; non è la sola abilità che forma l’artista;