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ducenti particolari. L’idea sola di avere Eva accanto a me, ad ogni ora della mia vita, sotto il mio medesimo tetto, mi avea creato altre volte delle estasi di paradiso. Avevo sognato le ridenti follie di una eterna luna di miele, le passeggiate in campagna, la fiamma del caminetto, la lucerna della sera, i giuochi infantili, e i dolci silenzi. Avevo pensato a tutte le parole più comuni che ella avrebbe potuto dirmi nelle più insignificanti congiunture. L’avevo vista come un raggio di sole in tutti gli angoli della mia camera.

Ahimè! il domani, allorchè la vidi sotto le povere cortine del mio letto, allorchè ebbe freddo e non ebbi altro da metterle sui piedi che il mio paletò, allorchè accese il fuoco del mio camino e si insudiciò le mani — quelle candide manine — e tossì due o tre volte pel fumo, allorchè dovette trascurare i suoi capelli per fare il caffè, provai un dolore nuovo e come una spaventosa sorpresa: mi parve che la fata fosse svanita, e non rimanesse più che una bella donnina — di quelle che piacciono — ma io avevo bisogno di adorarla!