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Velleda indovinò un po’ d’imbarazzo nel contegno scambievole. — Sai che cosa gli dicevo? le disse all’orecchio, che son gelosa!

I due fidanzati trasalirono in modo diverso.

— Gelosa di me? balbettò la povera fanciulla.

— No, ma di lui. Ei mi ruberà il tuo cuore.

Alberto chinò gli occhi e arrossì.

La contessina incominciò a discorrere di mille cose, spiritosa e disinvolta come sempre, e la conversazione si fece generale, spiegò e raccolse le ondeggianti sue reti di parole che avevano significati diversi pei diversi attori di quella scena. Adele, coll’anima straziata dall’angoscia osservava il cugino che sembrava intento ad un discorso interiore. A un tratto, guardando alla sfuggita Velleda con cert’occhi da spiritato, ei scappò a dire fuor di proposito: — Ebbene? un ebbene che avrebbe stuonato orribilmente nella conversazione generale, se in quel momento tutti non fossero stati distratti da una discussione abbastanza calorosa. Adele fu eroica per forza d’animo, Velleda mostrò una sorprendente presenza di spirito: prese la musica del Ballo in Maschera sbadatamente, cominciò a scorrerne le pagine, e canticchiò — Io là sarò... alle tre. — Si alzò, si mise al piano, come invogliatasi repentinamente, e cominciò a suonare la stretta. — Grazie! le disse Alberto cogli occhi. Adele sentì che le si spezzava qualcosa dentro il petto.