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— Vorrei parlarvi! disse finalmente lo sciagurato con voce sorda.
La contessina chiuse il libro tranquillamente, levò su di lui gli occhi sereni:
— Sto ad ascoltarvi.
— Vorrei parlarvi da solo, stanotte, in giardino! ripetè Alberti coll’ostinazione quasi minacciosa di uno che stia per ismarrire la ragione.
— È matto? diss'ella freddamente.
Le labbra del giovane si fecero smorte, e tremarono due o tre volte senza poter proferire parola: — Sì, credo d’esser matto davvero!
— Ma io non lo sono, signore!
Alberto guardò Velleda in tal modo che ella, in un salotto pieno di gente, ebbe paura.
— Sarete cagione di qualche disgrazia!
— Io?
— Voi! rispose con fermezza, guardandola fiso.
— Ma sa quel che mi propone, signore? disse la giovinetta con fierezza.
— Ho bisogno di parlarvi, stanotte! insistè Alberto con spaventosa tenacità.
Adele entrava in quel momento da un uscio accanto al piano, e udì quelle parole come se un demone gliele avesse incise nel cuore coll’artiglio. Ella si appoggiò all’uscio prima d’entrare; ma nella più debole fanciulla ci son miracolose energie, ed ebbe la forza di mostrarsi calma allorchè sollevò la tenda. Alberto insisteva collo sguardo senza avvedersi di lei.