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— Non son cacciatore, disse Alberti con un po’ d’ironia; non son destro come te.
Gemmati rimase alquanto sorpreso dal tono di quella risposta, consegnò schioppo e carniere ad un domestico, e andò cogli altri; ma lungo il giorno fu pensieroso, ed anche inquieto. Guardava qualche volta il suo amico, tutto annuvolato, e che evitava visibilmente di trovarsi con lui. Alla fine approfittò di un momento in cui erano soli, e gli disse:
— Alberto, stammi a sentire.... Da qualche tempo l’hai con me!
— Io? disse Alberto senza guardarlo.
— Sì, tu, e non so perchè. Cosa t’ho fatto?
— Nulla, t’inganni. Perchè dovrei averla con te?
Gemmati gli prese la mano, ch’ei non osò rifiutargli, e gli disse guardandolo negli occhi:
— Saresti geloso?
— Geloso?... disse Alberto trasalendo, e per chi?
L’altro ebbe un moto di sorpresa.
— Ma.... per Adele.
— Perchè sarei geloso? replicò Alberto dopo un breve silenzio, e alzandogli gli occhi in viso per la prima volta. Non fai la corte alla Velleda per conto tuo?
— Io?
— Sì, tu! insistè con un sorriso stentato; oppure è lei che la fa a te.
Gemmati scoppiò in una buona e franca risata.
— Sei matto? Io sono un povero diavolo di medico in erba, e lei una contessina che ha più anelli ch’io