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Velleda alzò freddamente gli occhi su di lui, e gli domandò:
— Cosa desidera?
— Ma.... quel che le piace.
Ella si mise a sfogliare della musica senza aggiungere verbo, l’aggiustò sul leggío, e incominciò una canzone di Schubert.
Adele erasi messa a sedere sul canapè; Alberto, appoggiato alla coda del piano, teneva gli occhi fissi sulla suonatrice; costei non levava i suoi dalla carta, con certa altera freddezza; metteva tutta la sua anima nelle mani, di cui gli anelli scintillavano assai più dei suoi occhi, e vedevasi solo che quel seno si gonfiava dai lucidi riflessi della sua veste, su cui cadeva il lume delle candele. A poco a poco il suono morì nelle corde, le mani si fermarono, e chinò il mento sul petto.
— E finito?.... domandò Alberto come svegliandosi di soprassalto.
— Sì, rispose bruscamente.
E andò ad aggiustarsi un fiore fra i capelli, baciò Adele, salutò appena del capo Alberti, e se ne andò.
— Si soffoca qui! disse Alberto alla cugina: vado in giardino.
Il domani doveva arrivar Gemmati. Alberto andò ad incontrarlo, e dopo la prima stretta di mano il suo amico gli domandò:
— O cos’hai?
— Cosa mi vedi? Sto benissimo.