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mante. La fanciulla, un po’ rassicurata nel vederlo così commosso, rispose ingenuamente:
— Andiamo in giardino.
— No.... stanotte, quando tutti saranno a dormire.... allorchè sentirai picchiare tre colpi alla tua finestra.... sarò io....
Ella sorpresa stava per domandargli la ragione di tutti quei misteri che non capiva, quando Alberto la interruppe vivamente:
— Zitta! ci osservano!
E tirò di lungo colla guardinga disinvoltura di un cospiratore da melodramma.
Velleda s’era fermata ad aggiustarsi un nastro, e lo zio Bartolomeo in quell’istante era tutto intento a far vedere ai suoi ospiti che la sera era bellissima.
Alberto afferrò Gemmati per mano, al momento in cui stava per ritirarsi nella sua camera, e lo condusse seco in giardino.
— Stanotte le parlerò! gli disse all’orecchio con voce soffocata.
Gemmati si fermò a guardarlo sorpreso, e gli rispose dolcemente:
— Perchè cotesta pazzia? Non la vedi sempre? Non puoi parlarle quando vuoi?
— No!... non è la stessa cosa.... Tu non m’intendi.... non puoi intendermi.... non l’ami come io l’amo.... L’hai vista? Com’è bella! non è vero?
— Sì, è un angioletto.