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— E il babbo è contento. — Ti piace cotesto fiore? riprese poscia l’Adele saltando da un discorso ad un altro.

— Bellino! come si chiama?

— Non rammento; è un nome forestiero.

— Dev’essere un fior raro!

Ella stava per rispondere, ma vide che il cugino guardava più la mano che il fior raro, e arrossì.

— Che bella aiuola! diss’egli per non farsi scorgere.

— Sai cosa c’era qui prima? la piazzetta dove noi si giocava a voláno! Ti ricordi?

— Com’è cambiata!

— Anche tu sei cambiato, rispose ella senza alzare gli occhi.

Ei rispose dopo un istante: — E anche tu.

E sorrisero entrambi.

— Andiamo a svegliare Velleda, la pigra! disse Adele tutta rossa in viso.

Le finestre del pianterreno non erano molto alte dal suolo, ma la povera fanciulla si rizzò invano sulla punta dei puoi piedini: — Bussa tu, disse ad Alberto. Egli picchiò due colpetti timidi.

— Chi è? si udì rispondere da una voce la quale aveva tuttora alcunchè d’addormentato e di voluttuoso.

— Sono i miei fiori, che vengono a darti il buongiorno, dormigliona!

Le stecche della persiana si schiusero alquanto; i raggi del sole vi s’insinuarono con una certa avidità, e si disegnarono in strisce luminose su di una bella figura bianca, sul braccio roseo che si appoggiava al davan-