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I domestici lo videro attraversare le stanze con passo fermo, pallido e calmo, e dirigersi verso la camera mortuaria.
Quella camera era ancora nel medesimo stato. Le estremità delle candele finivano di consumarsi, le finestre erano aperte, i fiori erano ancora sulla tovaglia bianca, il crocifisso a capo del letto, le boccettine sulla piccola tavola. Il vento entrava a buffi, e faceva svolazzare le cortine del letto.
Ei s’avanzò lentamente, ed andò a toccare ad uno ad uno quei fiori, quella tovaglia, quei mobili, ad esaminare le boccettine, poscia riempì un gran bicchiere d’acqua, l’accostò alle labbra avidamente, ma lo posò senza bere.
Il letto era intatto, la coperta liscia e distesa, il guanciale non aveva una piega. Ei stette ritto dinanzi a quel letto lunga pezza, guardandolo con occhi astratti; mise la mano con un gesto contrastato sulla rimboccatura della coperta, esitò, colle dita increspate e contratte, e ad un tratto, bruscamente, risolutamente, tirò in giù la coperta, e cadde pesantemente ai piedi del letto col capo sul cuscino.
Si udì un colpo di pistola.
FINE.