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L.
Alberti si lasciò condur via dalla camera della morta. Lungo tutto il giorno stette a guardare dietro i vetri il pergolato spoglio di frondi, il banco rovesciato e la finestra chiusa, attraverso le cui cortine si vedeva, come una volta, un barlume — funebre barlume stavolta. Alla chiesuola del camposanto, laggiù nella valletta, si udivano di tanto in tanto dei mesti rintocchi — ei rizzava il capo e guardava nel vuoto.
Verso sera il triste corteo si mise in marcia. Egli seguivalo a capo scoperto, impenetrabile e tetro come un fantasma. Le fiammelle delle boccie oscillavano, e le nappe della funebre côltre dondolavano per la rapida discesa.
Quando ritornò dal cimitero il marchese era solo. Le stelle scintillavano sul suo capo, e la luna incominciava a sorgere dietro i monti. Ei si fermò sul ciglio della via a contemplare un lume che brillava ancora laggiù accanto alla chiesuola del cimitero, guardò la luna che sorgeva, le stelle che scintillavano sul suo capo; poscia s’incamminò lentamente verso la villa.