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sivamente la mano, come per accertarsi che ella fosse ancor lì, e che quello non fosse un orribile sogno. Adele respirava con pena; i ricami del suo corsetto sembravano alitare a guisa di farfalle. Dopo quel lungo sguardo, e un più lungo silenzio: — Desidero vederti! diss’egli alfine.

Adele volse il capo in attitudine stanca. Ei mise sulla ventola la mano tremante, e la fece girare; allora la luce della candela cadde sul viso dell’inferma. Ei rimase affascinato.

Non piangeva, non diceva una parola, la guardava fiso al pari di spettro, e le stringeva la mano come se un’altra mano di ferro gli stringesse il cuore; sembrava che cogli occhi cercasse avidamente qualche cosa, qualche cosa che non c’era più, e faceva balenare la sua ragione.

Ella gli lesse tutto in viso, e due lagrime scorsero lentamente per le sue guance.

— Non mi riconosci più? disse alfine con voce estinta. Ei non rispose.

— È strano! mormorò quindi sordamente e con calma terribile. Ti amo come non ti ho mai amato!

Tutt’a un tratto si udì squillare vicinissimo il campanello che aveva udito lungo la strada. Il dottore si alzò.

— Son le sonagliere dei cavalli! si affrettò a dire Alberto senza saper troppo il perchè. Nessuno gli rispose. Una vecchia domestica entrò pian piano, e posò sulla tavola bianca due vasi di fiori.