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in tutti i ritrovi della città. Adele era sulle spine; lo stesso Gemmati capiva d’aver fatto una corbelleria; ma Alberto non davasene per inteso.

— E tu? domandò poco dopo a Gemmati; non pensi di prender moglie anche tu?

— Almeno sino adesso....

— Temi d’aver torto in duello?

— No, perchè non ho fede in coteste riparazioni, e non mi batterei.

— Hai ragione, disse Alberto serio serio, dopo un istante di riflessione. Alla fin fine, se l’onore, non ha un fondamento naturale, è una convenzione sociale anch’esso... una cosa falsa... perchè battersi?

— Ne sei convinto? gli domandò Gemmati, ironico a sua volta.

— Perfettamente, rispose Alberti con calma.

Dopo che Gemmati se ne fu andato, Alberti rimase ancora soprappensieri; poi si accommiatò dalla moglie.

Vedendolo uscire, Adele fu due o tre volte per buttargli piangendo le braccia al collo e dirgli: — Oh, Alberto!... — Ma le parole, lo sguardo, il sorriso, la fisonomia del marito le agghiacciarono il sangue nelle vene.


All’indomani la colezione di marito e moglie fu silenziosa. Si scambiarono appena le parole indispensabili di cortesia, e tosto alzato da tavola Alberti disse alla moglie: