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lorchè fu suonata una visita ed il domestico annunziò Gemmati.

Alberto si scosse, si alzò bruscamente, e fece due o tre passi scostandosi dalla moglie con vivacità. Poi tornò indietro; il suo volto avea ripreso la solita maschera di marmo. Ella a quel movimento del marito si era fatta di brace.

— Fate entrare; disse il marchese, poichè sua moglie non dava nessun ordine.

— Ti faccio fuggire? gli domandò Gemmati stendendogli la mano.

Al contrario, rispose Alberti, senza avvedersi del gesto e tornando a sedere sulla poltroncina. — Ecco!

Il discorso si avviò su cose indifferenti. Malgrado la gran forza di dissimulazione che possedeva Alberto, balenava di tratto in tratto nelle sue parole un’ironia dispettosa di se stesso e d’altrui. Adele, sbalordita dalla luce che si era fatta improvvisamente nelle sue idee, taceva spesso, era spesso pensierosa, e sembrava imbarazzata. Gemmati sentiva l’effetto che aveva prodotto la sua visita, ed era impacciato anche lui, senza saperne troppo egli stesso il perchè. Fra tutti loro Alberto solo mostravasi il più amaramente disinvolto. Come accade qualche volta, a furia di cercar di stordire la preoccupazione comune col divagare sugli argomenti più disparati, il discorso era sdrucciolato appunto sul terreno scottante della cronaca galante, e parlavasi di un duello famoso nel quale un marito avea avuto torto, duello che allora faceva le spese della conversazione