Pagina:Verga - Eros, 1884.djvu/275


— 271 —

nito per fargli leggere le lettere di Alberto, così fredde, così compassate, e gli dimandava dei consigli o delle lusinghe. Mostravasi così contenta allorchè Gemmati dicevale che Alberto sarebbe ritornato ad amarla, ch’egli dicevaglielo spesso. L’amico le faceva più bene del medico. Ella guarì infatti, o sembrò esser guarita.


Finalmente una sera piovosa, verso gli ultimi di ottobre, Alberti ritornò a Firenze, e arrivò a casa sua quasi all’improvviso.

Al suo annunzio Adele s’era rizzata di botto in piedi, tutto il sangue le era corso al viso, e vedendolo entrare era ricaduta tremante sulla poltrona, mentre il rossore e il pallore si alternavano rapidamente sulle sue guancie. Gemmati osservava con occhio inquieto cotesti sintomi, e rimaneva preoccupato. Alberti fu sorpreso dell’accoglienza che gli si faceva, e parve arrestarsi un istante sull’uscio, e saettare uno sguardo rapido e profondo sulla moglie e su Gemmati. Poi era andato a stringerle la mano, l’aveva stretta anche al suo amico, e s’era messo a sedere e a discorrere di quel che avea fatto, e di cose indifferenti con aria distratta. Anche Gemmati erasi mostrato un po’ freddo verso il marchese, di cui il suo leale carattere non poteva scusare la condotta. L’arrivo di Alberto evidentemente avea gettato del ghiaccio nel discorso che andava freddamente e alla meglio. Dopo circa un quarto d’ora Alberto protestò una grande stanchezza e si ritirò.