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sciavano con una stretta di mano. Spesso la sera accadeva ad Alberto di aspettare Adele seduto accanto al fuoco colla fronte fra le mani. Lo specchio del camino non diceva a lei quali nubi fossero passate su quella fronte. Udendo il fruscío della sua veste, vedendola entrare bella e radiosa, egli levava il capo, sorridente egli pure, si alzava e andava a toccare le mani o le labbra che ella gli porgeva. Allora sedevano accanto al fuoco, narrandosi i casi insignificanti del dì, e le storielle piccanti ridicole della sera. Alcune volte il marito gettava uno sguardo distratto o imbarazzato sulle sue belle spalle nude che arrossivano, ed ella chinava gli occhi, e non avvedevasi che anche lui li teneva fitti sul tappeto — e non sereni come i suoi.
— Come sei bella! le diceva alfine Alberto con una certa risolutezza.
Ella sorrideva.
— Quanti te l’avranno detto stasera! Ella faceva una graziosa spallata.
— Vorrei esser giovane e bello come te! soggiungeva Alberto con un sorriso di cui stentava a dissimulare la tristezza.
— Perchè? domandava Adele un po’ inquieta. Ei tardava a rispondere.
— Vuoi che ritorniamo a Belmonte?
— Sei felice almeno, Adele mia?
— Tanto! e lo abbracciava per dirgli che lo era per lui. — E tu?
— Io... sì! sì!