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forse il pensiero di mettere ai piedi dell’uomo amato la sua eleganza di gran signora, ed anche, perchè no? i suoi trionfi di mondana. Alberti, temendo di mostrarsi egoista non fece alcuna osservazione, e ad inverno già inoltrato tornarono a Firenze.

La marchesa Alberti era leggiadra, la sua felicità irradiava come un’aureola seduttrice su di lei, ella prese con perfetta disinvolura il primo posto nei saloni fiorentini. Alberti era stato un uomo elegante, adesso era un marito perfetto: accompagnava qualche volta la moglie nelle prime visite, tanto da non dar nell’occhio, e dal canto suo ricominciò a fare press’a poco la vita che facevano tutti i suoi amici; si faceva vedere un momento nei saloni che frequentava la moglie, o andava a trovarla nel suo palco per presentarle qualche amico. Sua moglie era sempre assediata da una folla di cortigiani, ei avrebbe trovato assai strano che fosse stato altrimenti, così facevano tutti, così aveva fatto egli stesso, ma intanto ne soffriva segretamente, e doveva fare sforzi penosi per dissimulare le unghie d’acciaio che gli laceravano il cuore e gli facevano balenare in viso la collera, o sulle labbra il sarcasmo. Piuttosto che tradirsi si sarebbe ucciso; ma senza essere precisamente geloso, senza aver perduto una bricciola della illimitata fiducia che riponeva nella moglie, provava un gran dispetto vedendola corteggiata: sapeva che corteggiare vuol dire insidiare: eppure sarebbe stato quasi un affronto che sua moglie non la fosse stata, ed egli era costretto a stringer la mano a quei suoi buoni amici