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crepitava nel camino: ogni piccola cosa avea una fisonomia nuova, serena, festosa; le occupazioni più comuni avevano un’attrattiva delicata. Egli era andato con lei a rintracciare a passo a passo i luoghi che racchiudevano i ricordi della loro prima giovinezza: quel banco dove avevano provato il primo imbarazzo stando seduti accanto, quella ringhiera appoggiati alla quale avevano litigato e avevano fatto pace per la prima volta, quell’albero dal quale egli avea côlto i primi fiori per lei — e dicevano: — Ti rammenti? A volte questi ti rammenti racchiudevano un dolce rimprovero di certe cattiverie passate, ed erano i più saporiti, i più dolci, li cercavano apposta, come per far risaltare colle ombre il raggio festoso che splendeva su di loro — ridevano e si abbracciavano. Se qualche cosa avea cambiato aspetto, se l’albero era caduto, se il banco era zoppicante, se il giardiniere avea disposto altrimenti l’aiuola, erano delle vere perdite, e dicevano: — Era più bello allora, n’è vero?
Con una nobile franchezza, e come se il fallo non valesse il pentimento, Alberto aveva mostrato all’Adele quel viale dove avea parlato l’ultima volta con Velleda; e le avea messo la mano nella mano e gli occhi negli occhi. Adele avea chinato il capo cercando di riderne, impallidendo, arrossendo, e non gli avea dette quante volte si fosse fermata piangendo in quel medesimo viale.
— Come tutto ciò è lontano! diceva Alberto.