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— E le donne? domandò ridendo Adele.
— E le donne... quali le hanno fatte gli uomini.
— Non so se devo ringraziarvi del complimento, cugino.
— Ringraziatemene, cugina, che me lo merito. Adele salutò una bella giovanetta che passava in phaeton al fianco di un signore elegante. — Conoscete quella signora? gli domandò.
— No.
— È Cecilia, la figliuola del conte Armandi, adesso maritata Livoretti.
Sul viso d’Alberto passò una nube rapidissima.
— Sono un uomo dell’altro mondo, cugina mia, abbiate la bontà di mettermi al corrente: e della contessa cosa n’è stato?
— È sul lago di Como da due anni a piangere la morte del marito.
— Oh!... E della principessa Metelliani?
— È a Roma, presidentessa di non so qual Congregazione di Carità... Vi sorprende?
— No.
Fecero un centinaio di passi senza dir altro.
— Sapete che ci rivediamo in un modo singolare? disse Alberti tutt’a un tratto.
— Singolare o no, son lieta di vedervi.
Ei la fissò di un lungo sguardo, e poscia:
— Avete molto spirito!
Ella inchinò lievemente il capo.
— Cugina mia, domandò Alberti all’improvviso; che cosa direste se vi facessi la corte?