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dendo e non cercando altro dei diversi costumi che li lato peggiore; visse tanti lunghissimi anni senza alcun sentimento schietto, senza alcuno degli affetti più intimi, che si abituò a credere fosse un disgraziato privilegio quel cuore che sentivasi battere in petto alle lontane reminiscenze.


In questo tempo lo zio Forlani era morto, lasciando Adele orfana e sola. Costei, per accondiscendere all’insistente desiderio del padre, il quale le proponeva di sposar Gemmati, avea detto di sì; ma all’ultimo momento, con la lealtà che formava il fondo del suo carattere, era scesa un bel mattino a trovar Gemmati che passeggiava in giardino, e gli avea detto:

— Amico mio, io ho amato mio cugino Alberto, lo sapete; che cosa pensereste di me se vi sposassi?

Gemmati rimase meditabondo.

— L’amate ancora? le dimandò.

— .... Sì.

— Anch’io v’amavo, perchè voi siete un angelo! esclamò tristamente Gemmati; e rinunziare a voi l’è dura cosa!... Ma è necessario, non è vero?

Ella chinò il capo.

— Come meritate di esser felice! Se quello sciagurato avesse un carattere meno fiacco!...

Così s’erano lasciati, stringendosi la mano come due cuori onesti e leali che s’intendono in una sola parola. Ei non le avea detto quanto gli costasse il sacrificio che doveva fare, ed avea accettato un posto di medico