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poco a poco incominciò a pensare a lei con una dolcezza melanconica, fantasticando sul castello solitario dove il geloso marito l’avea probabilmente rinchiusa, sulle lagrime ch’ella avea dovuto versare, sui ricordi mesti e cari che doveano tornarle alla mente mentre fissava i begli occhi alle stelle... E tutto ciò sarebbe stato possibile forse; ma Armandi conosceva troppo il mondo e le donne per contribuire a fare esaltare colla solitudine la passioncella della moglie. Dopo una breve spiegazione, fatta con garbo e da gente ammodo, entrambi avevano finito per andar d’accordo che quello che c’era di meglio a fare si era d’andare a Baden. La contessa, dopo quella scossa terribile, erasi mostrata quasi riconoscente verso il marito del suo spirito conciliativo, e da canto suo s’era prestata lealmente a riparare il male fatto. Passato il primo sbigottimento, il suo amore, chiamiamolo pur così, avea guardato la cosa dal lato mondano, dal lato dei ragionamenti del marito, e avea fatto giudizio.

Intanto il tempo scorreva sul rancore del marito, sulla melanconia della moglie, e sull’immaginazione di Alberto, come se si fosse incaricato di poter far riunire nuovamente e senza inconvenienti queste tre persone nel medesimo salotto, a centellare il caffè, ciarlando tranquillamente di mode o di politica.

Alberti dopo alcuni mesi avea ripreso le abitudini di una volta. Al principio dell’inverno seppe da un amico che tornava da Baden come l’Armandi fosse stata la più bella, la più elegante, la più allegra signora che si