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— Davvero! sembra che il vostro orologio abbia più giudizio del mio! disse Armandi regolando il suo su quel del salotto; sono in ritardo di una buona mezz’ora.
E sedendo accanto alla moglie:
— Volete regalarmi un po’ di musica?
— Non sono proprio in vena, mio caro... Ma se lo desiderate assolutamente... soggiunse con un sorriso abbattuto.
— Assolutamente?... Ma no! desidero quel che vi fa piacere.
Ella inchinò leggermente il capo, e si mise a guardare qua e là in atto sbadato. Il silenzio cominciava a divenire invincibile.
— Volete che vi legga qualche cosa? domandò Armandi.
— Fate.
E si mise ad ascoltare, colla fronte sulla palma, all’ombra della ventola, saettando alla sfuggita sguardi rapidi e sfolgoranti su di lui. Egli non se ne avvedeva, leggeva colla sua bella voce chiara e limpida, e voltava tranquillamente le pagine. Tutt’a un tratto la contessa si alzò come se soffocasse.
— Cos’avete? domandò il marito levando gli occhi dal libro.
— Nulla... continuate; rispose ella tornando a sedere.
— È inutile, giacchè non v’interessa.
E chiuse il volume.
La contessa rimase alcuni istanti col capo fra le mani. Armandi continuava a sfogliare i disegni di mode. Fi-