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Ella si svincolò dalle mani che le stringevano i polsi e andò a tirare il cordone del campanello.
— Lasciate aperto quell’uscio, ordinò al domestico a troppo caldo.
— Non m’amate? le disse Alberto sottovoce, rispondendo all’occhiata timida e come di scusa ch’ella gli rivolse tornando a sedersi presso di lui.
La contessa chinò la fronte nella mano. Dopo un istante rispose con voce commossa:
— Se vi amo!
— Mi amate in un modo singolare davvero!
— Singolare davvero! Sono una matta! Non so dove abbia la testa in certi momenti.... Stanotte non ho chiuso occhio pensando alla follia che ho fatto ier sera!....
— Perdonatemi!.... Se sapeste!.... Perdonatemi....
Si parlavano a voce bassa, quasi senza guardarsi, padroneggiandosi perchè i loro volti rimanessero impassibili, acciò qualche specchio indiscreto non li tradisse alla curiosità del domestico che stava nell’altra stanza. Quelle passioni ardenti, che sibilavano come il soffio del vapore imprigionato sotto quella maschera di indifferenza, aveano qualcosa d’irresistibile. La contessa s’alzò, andò ad aprire le persiane e si mise a guardar fuori.
— C’è un’arietta fresca che ristora, disse dopo alcuni istanti. In giardino si deve star benissimo. Andiamo?
Alberto la seguì.
Ella precedeva di qualche passo, coll’andatura svogliata, dimenando un po’ il braccio, e tenendo l’ombrel-